Progetti Finanziati
Il progetto CHANGE si pone come obbiettivo generale il miglioramento della conoscenza della biodiversità marina e del funzionamento degli ecosistemi in un’area ancora scarsamente esplorata della regione Artica a nord del 77° parallelo lungo la costa orientale della Groenlandia dove, negli ultimi 40 anni, si è registrata una significativa contrazione nell’estensione del ghiaccio marino stagionale. La descrizione tassonomica delle comunità è integrata delle proprietà funzionali, definite su base ecomorfologica e mediante lo studio di isotopi stabili, al fine di elucidare relazioni trofiche tra specie ittiche e con gli altri elementi dell’ecosistema, e per valutare la ridondanza funzionale del sistema e la sua vulnerabilità al cambiamento. La ricerca include inoltre una valutazione dello stato di borealizzazione delle comunità ittiche nell’area di studio, che potrà fornire elementi utili ad una migliore comprensione delle potenzialità di ecosistemi artici di supportare sia specie artiche già residenti che nuove specie arrivate da acque temperate. Queste informazioni saranno complementate da dati relativi a parametri ambientali, incluso lo stato di contaminazione. Dal punto di vista operativo, il progetto ha beneficiato dell’opportunità di utilizzare la piattaforma logistica italiana N/R Laura Bassi, a bordo della quale è stata effettuata una campagna di raccolta dati e campioni nell’agosto 2021. Ulteriori attività di campionamento potranno essere effettuate nell’agosto 2022 a bordo della nave norvegese R/V Helmer Hanssen, grazie alla collaborazione con ricercatori dell’Università di Tromsø nel quadro del “TUNU Programme: Arctic Ocean Fishes– diversity, adaptation & Conservation”.
Could dust contribute to cause the observed abrupt changes in the Arctic? ICED EARTH aims to put the bases to tackle this question through simulations with a global Earth System Model of high complexity (IPSLCM6). Dust-cryosphere processes are only just starting to be fully implemented in global ESMs, often in a fragmented way. In ICED EARTH, deposition of mineral dust and carbonaceous aerosols will be coherently coupled to snow albedo on land. Simulations will be tested against available observations.
Il progetto ICEtoFLUX si propone di studiare e quantificare in ambiente artico le dinamiche idrologiche e i loro effetti di carattere fisico, chimico e biologico. Il progetto si focalizza sul bacino del fiume Bayelva (Ny-Ålesund, Svalbard), a partire dai suoi ghiacciai, Austre- e Vestre- broggerbreen, nella parte alta, passando per il sistema proglaciale, fino al Kongsfjorden in cui il fiume sfocia influenzando le acque e le correnti del fiordo coi flussi di acque di fusione associati al trasporto di materiale sia solido che in soluzione. Grazie agli strumenti e le competenze multidisciplinari del partenariato (IGG e ISP per il CNR, Politecnico di Torino e Università di Bari), sono previste attività a carattere idrologico-idrogeologico, geofisico, geochimico, chimico-ambientale, microbiologico e di modellistica numerica, rivolte allo studio delle principali componenti del ciclo idrologico per quantificare i processi idrologici artici ed i relativi trasporti abiotici e biotici. La parte sperimentale avrà inizio nel 2022 con la stagione della fusione e sarà in buona parte ripetuta nella stagione della fusione del 2023. La parte di modellistica definirà le relazioni tra le variabili meteorologiche (acquisite da strumentazione di monitoraggio già presente) ed i parametri di quantità e qualità delle acque misurati in questo progetto, nell’ottica di fornire indicazioni previsionali sull’evoluzione del sistema in studio. I dati delle attività sperimentali e di modellistica permetteranno di incrementare le conoscenze sui cambiamenti che riguardano l’idrosfera delle Regioni Polari e gli impatti sulla qualità e quantità delle risorse idriche. I risultati di ICEtoFLUX saranno inoltre rilevanti e relazionati per/a numerosi progetti, gruppi e piattaforme internazionali, tra cui SIOS, NySMAC, Kongsfjorden System Flagship, ecc.
Il progetto PNA-IRIDYA include attività di acquisizione, analisi dei dati e loro integrazione per fornire gli elementi su cui basare modelli numerici. L’attività di acquisizione dati è avvenuta durante l’agosto 2021 nel corso della campagna oceanografica svoltasi nell’Artico a bordo della Nave Polare Laura Bassi. Durante la campagna sono stati acquisiti nuovi dati acustici di batimetria attraverso multibeam e profili di sub-bottom. L’attività di acquisizione sismica prevista dal progetto non ha ricevuto il permesso a procedere dalle autorità norvegesi. Parte di tale acquisizione è stata tuttavia portata avanti dai partner norvegesi (gruppo CAGE dell’Università di Tromsø) che forniranno i dati al PI di IRIDYA. La nuova acquisizione del record geologico include carote di sedimento ottenute con carotiere a pistone e multi-corer che sono state prelevate in 3 siti principali con lunghezze di 5– 8 m. I dati geofisici (sismica e acustica) verranno processati presso OGS per la realizzazione di carte batimetriche e profili sismici e acustici per la caratterizzazione dell’architettura di deposizione del margine occidentale delle Svalbard. Le carote di sedimento verranno analizzate con metodi di analisi continua e su campioni individuali per la caratterizzazione e ricostruzione paleo-ambientale e paleo- climatica del registro sedimentario. L’integrazione dei dati verrà fatta a tre livelli: integrazione degli indicatori misurati sulle carote di sedimento per una ricostruzione armonica dei processi di cambiamento paleo-oceanografico/paleo-climatico; inter-correlazione dei dati geofisici e geologici fornendo un quadro dinamico delle interazioni tra la calotta delle Svalbard-Barents Sea e l’oceano durante gli ultimi 60-mila anni; confronto tra il registro ottenuto dalle carote di ghiaccio e le carote marine per definire l'entità delle oscillazioni paleoclimatiche sui transetti terra-mare (tempi di reazione tra superficie terrestre e il sistema ghiaccio-oceano). Il “numerical modeling” permetterà di ricostruire le modalità di ritiro glaciale tenendo presente le informazioni dirette ottenute dal record geologico e dalle evidenze geofisiche.
The snow dynamics detection is a complex task that requires to build a multisource observation infrastructure. The aim of this proposal is to consolidate the already running multi-sensor platform in the Svalbard Archipelago by assimilating the available capabilities into a multi-sensor data infrastructure. Derived products, focused on the spatial distribution and on the spectral properties of the snow cover, will be co-designed to maximize the integration with remote Arctic observing systems
Il progetto Melting-ICE si propone di indagare l'accoppiamento tra il rilascio di carbonio organico e nutrienti dal permafrost e i cambiamenti nella diversità e nel funzionamento della comunità microbica nel permafrost, valutando la relazione pre e post scioglimento stagionale. A tal fine sono previste due campagne di campionamento in Artico a fine inverno e durante l’estate. I campioni saranno prelevati lungo un transetto localizzato tra il sito di monitoraggio permanente per lo studio del permafrost Bayelva e la costa del fiordo, incluse alcune stazioni a mare. Questo approccio consentirà di prelevare e analizzare campioni di natura diversa (ghiaccio, fluidi, suolo/sedimenti e gas) prima e dopo i processi di scongelamento e ottenere informazioni relative a: i) l’effetto del carbonio organico e dei nutrienti rilasciati durante il processo di scongelamento del permafrost sulle comunità microbiche; ii) la quantità di carbonio organico e nutrienti che passa dall’ambiente terrestre all’ambiente marino durante questi processi; iii) l’efficienza del trasferimento e dell’utilizzo della materia organica da parte di organismi appartenenti a livelli trofici superiori; iv) la quantità di composti volatili (anidride carbonica e metano) rilasciati in atmosfera in seguito all’utilizzo di composti organici da parte delle comunità microbiche. Il progetto prevede l’integrazione di tecniche analitiche geochimiche, sia relative ai gas rilasciati che ai nutrienti e agli elementi in tracce oltre ad analisi microbiologiche. Questo approccio consentirà di ottenere informazioni relative alla qualità e quantità di materia organica, elementi in tracce e metalli, e alla diversità microbica tassonomica e funzionale presente in ogni campione analizzato, e al potenziale contributo microbico al flusso di gas serra dal permafrost. Inoltre, campioni di suolo e sedimento selezionati saranno sottoposti ad esperimenti di incubazione in situ in microcosmi per valutare la quantità di gas rilasciati in atmosfera e la variazione della popolazione procariotica durante lo scioglimento. I risultati ottenuti permetteranno di valutare il contributo microbico al trasferimento di carbonio dal permafrost all’atmosfera e al comparto marino.
Il progetto Small MICROplastics bioindicaToRs in the changing ArctiC EnviRonment (MICROTRACER) coinvolge 4 Unità Operative (CNR-ISP Messina e Venezia, ENEA-Laboratorio di Biodiversità e Servizi Ecosistemici- Centro Ricerche Casaccia-Roma; Univ. Sapienza (Roma)-Dip. di Biologia e Biotecnologie; Univ. di Padova.-Dip. di Chimica). L'Oceano Artico sta subendo diverse trasformazioni in relazione al cambiamento climatico globale. Anche in questo ecosistema recenti studi hanno documentato la presenza di plastiche riferibili alla frazione di taglia < 5mm (microplastiche) ma non dei frammenti di taglia < 100 µm (Small Microplastics, SMP) o nanoplastiche (NP) su cui permangono a tutt'oggi gaps conoscitivi. Gli SMP/NP trasportati dall'aerosol marino possono depositarsi nel ghiaccio terrestre ed essere rilasciati nelle acque interne con lo scioglimento dei ghiacciai. Per effetto dell'innalzamento della temperatura e dell'aumento delle attività antropiche nelle regioni artiche, le particelle plastiche possono essere veicolate attraverso la circolazione oceanica e attività di navigazione e pesca, con implicazioni sul biota sulla salute umana e su aspetti socioeconomici legati allo sfruttamento delle risorse marine in queste aree. Le prime analisi condotte durante precedenti studi su esemplari di anfipodi raccolti a Ny Alesund hanno confermato la presenza di SMP. Tuttavia, la minaccia rappresentata da SMP/NP per il biota polare e per la salute umana in aree artiche non è stata ancora completamente compresa e ci si aspetta che la presenza ed il potenziale impatto di queste componenti possa subire variazioni significative per effetto dei cambiamenti climatici. Il progetto MICROTRACER si propone di: 1) determinare la distribuzione di frammenti plastici di piccola taglia (<100 μm) definiti come Small Microplastics (SMP) nella regione delle isole Svalbard; 2) valutare il potenziale ruolo di queste particelle come vettori di inquinanti e batteri. 3) identificare specie bioindicatrici di SMP/NP e potenziali markers di stress.
L'ultima deglaciazione è una fase di riscaldamento che segue l'ultimo massimo glaciale (21k fa). I modelli suggeriscono che, durante questa transizione, la fusione del permafrost ha esercitato un feedback positivo sul cambiamento climatico rilasciando CO2/CH4 in atmosfera. Processi e tempi di rilascio del carbonio rimangono tuttavia ancora poco chiari. PAST-HEAT esaminerà il comportamento del permafrost durante l'ultima deglaciazione per migliorare la nostra comprensione sul ciclo del carbonio post-glaciale e chiarire come i suoli artici risponderanno ai cambiamenti climatici in un futuro scenario di amplificazione polare.
The Higher North Atlantic (HNA), Svalbard and Greenland east coastal regions are experiencing rapid climate change with sustained temperature increases and loss of sea ice. This disappearance of old ice is cited as one of the causes of the recent exceptional warming of the Arctic HNA[1], together with increasing inflow into the Fram Strait of the Atlantic meridional overturning circulation (AMOC)[2]. Changes in the extension and type of sea ice have a direct impact on heat transfer and on Arctic biological and biogeochemical cycles. Sea ice is a physical barrier to heat and water vapor exchange, also influencing water stable isotopes in precipitation. Sea ice is also involved in the oxidative capacity of the Arctic atmosphere, injecting in spring enormous amounts of Br radicals through bromine explosions that then directly affect the atmospheric cycle of mercury and contribute to ozone depletion at many Arctic sites. How recent sea ice loss has impacted these Arctic chemical processes is not properly understood. The aims of this project are to use: water stable isotopes as a fingerprint of air mass sources, climate model simulations and atmospheric re-analysis to evaluate the climate impact of sea ice disappearance on two Arctic basins, namely the Barents Sea and the Fram Strait regions, and to evaluate how bromine sea ice chemistry effects atmospheric mercury deposition rates and atmospheric ozone lifetimes in Svalbard and the east Greenland region.
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